Lavoro al sud: come è cambiato dopo la Pandemia?

Il mercato del lavoro nel Sud Italia sta attraversando una fase molto dinamica, con tante aziende che stanno assumendo, offrendo importanti opportunità alle figure più specializzate e qualificate. Con LHH è possibile ricevere supporto nell’intero talent journey, per trovare le posizioni giuste in base al proprio profilo e alle esigenze di ogni candidato.
31/01/2023

Un mercato del lavoro in fermento, con il fenomeno del South Working diventato un lascito della Pandemia e uno spartiacque netto fra multinazionali di recente insediamento e le più tradizionali PMI. È il panorama che emerge per il lavoro al Sud Italia, in particolare per la Puglia e la Campania, dal confronto con Michele Maiellaro, Executive Manager - Bari e Napoli di LHH Recruitment Solutions, e Stefano Barulli, Manager di LHH Recruitment Solutions.

 

Quali sono i fenomeni più rilevanti nel mercato del lavoro del Sud Italia dopo il Covid?


“Senza dubbio è un mercato diverso da quello del Nord, perché caratterizzato da settori interamente costituiti da una rete di PMI di stampo imprenditoriale più tradizionale, in cui da qualche anno a questa parte si è inserito un elemento nuovo e dirompente:
l’arrivo di molte realtà IT e del settore della consulenza di matrice internazionale, che a Bari e Napoli stanno aprendo hub importanti”.

 

“Questi grandi gruppi, che nei prossimi 3-4 anni hanno in programma circa 5-6 mila assunzioni a vario livello, hanno creato una disruption molto profonda, che acuisce la guerra per i talenti e la mancanza di competenze che si osserva a livello generale. La difficoltà di individuare figure per lo sviluppo software o la cybersecurity, che è un trend piuttosto generalizzato e non relativo solo al Sud Italia, si accompagna in questo caso alla complessità nel reperire anche profili più tradizionali in ambito finance o amministrativo”.


Quali sono le conseguenze dell’arrivo di questi grandi gruppi al Sud sul lavoro? 


“La conseguenza positiva immediata consiste nell’aumento delle opportunità professionali, che ha consentito il rientro di molte persone dall’estero o dal Nord Italia. Spesso sono napoletani o baresi che lavorano in altre sedi delle stesse società e tornano per aprire e lavorare in nuovi hub. Ma inevitabilmente queste grandi realtà attingono anche dal mercato del lavoro locale”.

 

"Ci sono aziende che in meno di un anno hanno perso il 30% del personale IT a favore di multinazionali, compagnie che offrono quello che le imprese locali non possono permettersi a livello di retribuzione e di pacchetto di benefit, riuscendo ad attirare i migliori talenti disponibili. C’è anche un problema culturale di fondo, che rischia di condannare le aziende locali alla sconfitta nella battaglia per i talenti”.


Perché le imprese al Sud hanno difficoltà ad attirare talenti?


“Nella maggior parte delle aziende del Sud lo smart working è praticamente sparito. Le imprese locali non hanno ancora compiuto quel “salto culturale” necessario a introdurre il lavoro a distanza o almeno forme minime di flessibilità oraria. Finora erano state le aziende a fare il mercato: avevano molti candidati e, di conseguenza, non avevano necessità di essere attrattive”.

 

“L’arrivo delle grandi multinazionali e il lavoro da remoto hanno cambiato radicalmente il contesto: ora è il candidato a fare il mercato, in quanto può scegliere grandi organizzazioni che offrono una RAL e un pacchetto benefit più interessanti, ma anche decidere di lavorare dalla Puglia per una società UK che paga di più. Le aziende locali non possono competere su retribuzione o pacchetti di welfare, ma l’irrigidimento sullo smart working toglie loro un importante elemento di attrattività, con il rischio di non riuscire a individuare i profili necessari”.

 

“Nel frattempo, la Great Resignation si è manifestata anche al Sud, non solo perché le persone hanno cambiato azienda, ma anche perché spesso hanno cambiato vita per dedicarsi, per esempio, alla consulenza o ad attività legate al turismo. Nelle organizzazioni sta iniziando a manifestarsi la consapevolezza del problema, ma il percorso di cambiamento dei modelli organizzativi richiederà molto tempo per concretizzarsi”.

 

Quali sono i settori trainanti in questo momento al Sud?

 

“L’Engineering rimane una realtà importante per la regione, per via della presenza di molti siti produttivi appartenenti spesso a multinazionali. L’arrivo di questi grandi Hub sta facendo crescere il peso del settore IT e anche l’automazione industriale è un settore emergente: ci sono realtà del territorio che lavorano per grandi gruppi industriali proprio sfruttando le competenze acquisite al Politecnico di Bari”.

 

“L'ingegneria elettronica è un altro settore in fortissima crescita nelle sue diverse applicazioni, per esempio nella produzione di macchine per il settore food. In questo ultimo periodo, anche il mondo della formazione è in crescita: non essendoci le competenze si sta cercando di costruirle con percorsi formativi, per esempio indirizzando giovani con lauree umanistiche verso alcune attività IT”.


Ci sono opportunità lavorative al Sud Italia da cogliere in questo momento?


“Sicuramente molto è cambiato e per numerosi profili le opportunità sono tante. Non c’è persona con una competenza IT che non abbia 3 o 4 offerte sul tavolo. Certamente non si può sottovalutare il fatto che per chi ha lavorato all’Estero o nel Nord Italia non si tratti solo di compiere scelte professionali, ma di assumere decisioni che implicano un cambio di vita radicale. Tuttavia, mai come in questo momento il mercato del lavoro al Sud è stato così dinamico e interessante”.

 

Perché al Sud non c’è lavoro e cosa serve per aumentare le possibilità di trovare un impiego?

“Il mercato del lavoro al Sud Italia è sempre stato molto complesso, per via di una serie di dinamiche strutturali che non hanno favorito la costruzione di un sistema più efficiente come avvenuto al Nord. Ovviamente non sempre è vero che il lavoro al Sud manca, ma piuttosto esiste un forte mismatching tra le aziende e i lavoratori, soprattutto tra quelli più giovani. Gli imprenditori infatti cercano figure professionali altamente specializzate e qualificate, ma non sempre i candidati possiedono le competenze necessarie richieste dal mercato”.

 

“Oggi anche al Sud le opportunità non mancano, ma bisogna essere in grado di coglierle attraverso percorsi formativi specifici e allineati con le esigenze delle aziende presenti sul territorio. Questo fenomeno si nota in particolare nelle professioni STEM, ossia nel campo delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica. Le persone specializzate nelle discipline scientifico-tecnologiche hanno sicuramente maggiori opportunità di intraprendere una carriera di successo anche al Sud Italia”.

 

Come trovare lavoro al Sud Italia oggi


“Per trovare lavoro al Sud bisogna innanzitutto concentrarsi su percorsi formativi specifici, considerando le necessità delle aziende che assumono e offrono le migliori condizioni d’impiego. Le aziende oggi sono meno inclini a gestire internamente la formazione dei lavoratori, ma cercano soprattutto competenze già acquisite da sviluppare ulteriormente all’interno dell’organizzazione, in quanto garantiscono un valore aggiunto immediato per l’azienda”.

 

“Bisogna anche individuare le opportunità di lavoro giusto per ogni candidato, attraverso una profonda analisi delle sue competenze e del percorso formativo intrapreso, eventualmente aggiungendo delle conoscenze o delle soft skill per aumentare le possibilità di trovare un impiego. Questi criteri possono cambiare velocemente a causa dell’elevata dinamicità del mercato del lavoro, specialmente al Sud Italia, perciò bisogna sempre aggiornare i propri obiettivi e intraprendere un processo di formazione continua”.

Noi di LHH aiutiamo le persone a trovare la posizione più adeguata al proprio profilo; infatti, siamo sempre alla ricerca di figure con competenze elevate da inserire presso piccole e medie imprese o grandi multinazionali. Inoltre, supportiamo le persone in tutto il talent journey, ad esempio allineando le necessità dei talenti a quelle del business, colmando eventuali gap di competenze e indicando quelle che saranno maggiormente richieste in futuro”.

 

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