Smart working: fiducia, leadership e controllo dei dipendenti

Affinché lo smart working funzioni è necessario un nuovo modello di leadership, incentrato sulla fiducia reciproca e la definizione di obiettivi condivisi, una sfida che richiede un’adeguata preparazione da parte dei leader di oggi e di domani.
05/12/2022
Smart working, fiducia e una leadership che deve cambiare pelle

Nel post-covid le aziende stanno affrontando un problema complesso: come equilibrare nello smart working fiducia e controllo dei dipendenti attraverso una leadership efficace? È una questione che oggi interessa la maggior parte delle aziende, alle prese con una serie di cambiamenti nella gestione del personale che richiedono un adeguamento dell’approccio alle attività di Human Resource e un cambio di mentalità nella gestione della leadership.

 

Smart working e fiducia: la provocazione di Annie Auerbach

Se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente fa rumore? Annie Auerbach, una delle più note esperte di futuro del lavoro inglesi, autrice del libro “Flex. Reinventing Work for a Smarter, Happier Life” qualche tempo fa ha usato questo paradosso filosofico in un tweet, suscitando un ampio dibattito. Perché il paradosso citato era solo l’introduzione alla domanda che Auerbach voleva davvero porre: se un CEO è in ufficio, e attorno a lui non c’è nessuno, è ancora il vero capo?

Si tratta ovviamente di una provocazione, anche un po’ brutale, per affrontare il tema cruciale del modello di leadership post pandemia. Perché non c’è dubbio che è proprio il modo in cui si risponde a questa domanda a dettare, più o meno consapevolmente, le scelte organizzative che le aziende hanno fatto in questi mesi, ossia decidere se portare avanti lo smart working o rinunciarvi. A conferma del fatto che il tweet tocca un nervo scoperto c’è il dibattito che si è sviluppato, a partire dal Financial Times.

“Dopo aver letto il tweet di Annie Auerbach”, ha scritto Isabelle Berwick, responsabile della sezione Work&Careers, “ho realizzato che il vero tema non è quando o dove lavoriamo. È un problema di fiducia. I leader devono riconsiderare il modo in cui guardano ai propri team, senza focalizzarsi su quanti giorni effettivamente li vedono in ufficio”. Un compito non facile perché mette in discussione stili organizzativi consolidati, ma soprattutto la percezione dello status e il senso di identità del leader, che in passato trovavano conferma anche nei vari rituali e nelle simbologie che l’attività in presenza consentiva.

Come sostituire il modello del manager che passa da un ufficio all’altro, per assicurarsi che i suoi collaboratori stiano effettivamente lavorando?

 

Lo smart working e il modello di leadership

Naturalmente esistono degli strumenti per misurare la produttività, ma la sensazione è che non possano sostituire il confronto quotidiano reso possibile dalla condivisione dello spazio-ufficio. Nell’ampio dibattito aperto sui pregi e difetti dello smart working e sulla necessità o meno di conservarlo, ci sono certamente elementi da valutare con attenzione, a partire dal rischio di una diminuzione dell’engagement o dalle difficoltà di fare a distanza l’onboarding dei nuovi assunti.

Ma ad essere messi in discussione al giorno d’oggi sono soprattutto i modelli di leadership, ovvero il modo in cui i leader delle organizzazioni si rapportano con i dipendenti adottando soluzioni diffuse di lavoro agile. In particolare, è sempre più evidente la difficoltà di adeguare stili di leadership nati in un contesto in cui era normale condividere fisicamente l’esperienza lavorativa, a una situazione nella quale il “controllo a vista” dei dipendenti non è più possibile. La parola chiave per affrontare positivamente questa transizione è sicuramente “fiducia”.

“I CEO possono evolvere e affrontare il nuovo contesto solo superando l’ansia legata al loro status. Devono imparare a fidarsi del fatto che sono ancora i boss proprio riponendo la loro fiducia nelle persone, nonostante non possano vederle”, scrive ancora la Berwick. Maturare questa consapevolezza non è facile e neppure scontato: senza dubbio i manager non dovrebbero essere lasciati soli in questo processo di cambiamento, ma potrebbe essere utile offrire loro percorsi di coaching per maturare le nuove competenze richieste.

In LHH, ad esempio, proponiamo soluzioni di Executive Leadership Development & Coaching,  per aiutare i senior leader ad affrontare un mondo del lavoro in continua evoluzione e sviluppare nuove competenze e comportamenti per gestire questi cambiamenti in modo efficiente. Attraverso il coaching, infatti, i leader possono maturare una maggiore empatia, lavorare sull’intelligenza emotiva, migliorare la resilienza, l’agilità e la leadership, affrontando questioni complesse come il bilanciamento tra lo smart working e le esigenze di controllo dei dipendenti.

Sempre l’analisi degli esperti del MIT mette a fuoco quali sono le capacità richieste ai leader: saper fissare obiettivi chiari e condivisi, utilizzare le tecnologie per monitorare il work in progress, ma allo stesso tempo mantenere momenti di confronto e ascolto anche in presenza con i collaboratori. Un modello ibrido, che per funzionare richiede la capacità di capire e stabilire quali attività svolgere in presenza e quali no, per sfruttare al meglio la digitalizzazione enfatizzando al tempo stesso le potenzialità dell’interazione in presenza.

 

Leadership e smart working: la soluzione è la fiducia ma anche la condivisione

Che la fiducia sia l’elemento chiave del nuovo modello di leadership lo conferma l’indagine condotta dalla Sloan Management Review del MIT di Boston: “Leadership’s Digital Transformation. Leading Purposefully in an era of Context Collapse”. Gli esperti del MIT hanno svolto colloqui con molti C-Level di grandi aziende, per cercare di capire cosa i lavoratori attualmente richiedono ai loro manager. I risultati sono molto interessanti. “I talenti digitali si aspettano dalla leadership molto di più che ampia flessibilità, migliori salari e un contesto che supporti la produttività, ma si aspettano che la trasformazione digitale rifletta e rispetti le proprie preoccupazioni e i propri valori, non solo che migliori la capacità di business”.

Ma c’è di più: “Queste aspettative impattano in una maniera del tutto inedita sul modo in cui i leader esercitano il potere, l’influenza e il controllo: una soddisfacente trasformazione digitale richiede che i leader siano in grado di trasformare sé stessi in modo evidente”. Non basteranno quindi dei cambiamenti di facciata, in quanto i lavoratori si aspettano che i leader diano l’esempio, riconoscendo esplicitamente i valori e le esigenze dei propri collaboratori in linea con le esigenze del contesto socio-lavorativo odierno.

Sempre l’analisi degli esperti del MIT mette a fuoco quali sono le capacità richieste ai leader: saper fissare obiettivi chiari e condivisi, utilizzare le tecnologie per monitorare il work in progress, ma allo stesso tempo mantenere momenti di confronto e ascolto anche in presenza con i collaboratori. Si tratta dunque di un modello ibrido, un approccio che per funzionare richiede la capacità di capire e stabilire quali attività svolgere in presenza e quali no, per sfruttare al meglio la digitalizzazione enfatizzando al tempo stesso le potenzialità dell’interazione in presenza.

 

Come controllare i dipendenti in smart working

L’adozione diffusa dello smart working richiede l’adozione di nuovi strumenti per controllare i dipendenti che ricorrono al lavoro agile. I datori di lavoro, dunque, mantengono i loro poteri di controllo sui dipendenti anche con lo smart working, ma viene spostato il focus dalla presenza alle performance. Si tratta di un cambiamento significativo, soprattutto in Italia. I leader, infatti, devono iniziare a definire obiettivi chiari e raggiungibili, individuare le persone giuste per ogni compito e utilizzare strumenti idonei per verificare le performance dei collaboratori.

Per capire come controllare lo smart working, quindi, i leader devono trovare delle soluzioni condivise che consentano di monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Allo stesso tempo, è necessario implementare dei sistemi di vigilanza sul benessere dei lavoratori non in presenza, per evitare che la ricerca delle performance comprometta la salute e il benessere fisico e psicologico dei propri collaboratori. Si tratta di una sfida senza precedenti nel mondo del lavoro, che deve essere affrontata in modo consapevole e con le dovute competenze.

Da un lato, infatti, è fondamentale la responsabilizzazione dei dipendenti in smart working. Dall’altro, invece, è indispensabile la presenza di strumenti efficaci per rilevare eventuali situazioni di malessere e di disagio. L’utilizzo di KPI specifici aiuta senza dubbio a monitorare le performance dei collaboratori e verificare gli output dei dipendenti, a prescindere dal luogo in cui svolgono il proprio lavoro. Tuttavia, le aziende devono essere in grado di preservare il benessere dei dipendenti, consolidare i rapporti di fiducia e mantenere i talenti all’interno dell’organizzazione.

La preparazione dei leader, dunque, rappresenta un aspetto essenziale per gestire lo smart working in modo efficiente e proficuo per tutti i soggetti coinvolti. D’altronde, la fiducia è un requisito essenziale per lavorare bene in smart working, in quanto stimola e incentiva i collaboratori a raggiungere gli obiettivi prefissati. Allo stesso tempo deve trattarsi di una fiducia reciproca, sia da parte dei leader nei propri collaboratori che da parte dei collaboratori nei propri leader, una condizione necessaria affinché lo smart working funzioni. Bisogna dunque mantenere il contatto con i collaboratori, lavorare secondo obiettivi condivisi e prevedere soluzioni che permettano di mantenere anche a distanza il rapporto tra i collaboratori, l’organizzazione e i suoi leader.